Riflessioni

In questa pagina raccogliamo alcuni spunti di riflessione intorno ai temi trattati all’interno della nostra associazione

marzo 2012

Investimenti di minima culturalia
Un assessore alla cultura e/o sindaco di un qualsiasi comune č certamente affascinato dai grandi eventi, cioč dalla seduzione delluno che č antitesi della democrazia che, guarda caso, crea gli uni (pluralitŕ e soggetti vari). E chi non vorrebbe essere per almeno una settimana padrone nel suo territorio del museo Egizio di Torino oppure dellHermitage oppure del Louvre oppure della Galleria degli Uffizi o delle migliori collezioni mondiali di arte trasportate per incanto del denaro nel proprio comune? Ma sarŕ proprio vana la domanda ma perché? Forse, se si vuole fare cultura, investire in cultura basterebbe incominciare a ragionare se non ci sia piů senso portare i propri cittadini in quei musei con bei charter o pullman e valorizzare di converso il proprio territorio, tanto per dirne una, con i versi dei propri poeti. Ad esempio incisi sulle pietre dei moli, di certi muretti di contenimento, proiettati col laser sulle facciate dei palazzi, appesi con gli striscioni, scolpiti sulle rocce oppure posti su sentieri ecologici con tavolette di legno, con macchine distributrici di informazione come totem senza tabů. Come percorsi del sacro della cultura, come momenti di relazioni fra mondi e ambienti. A Trieste i moli sono lě che attendono, il Carso pure, parco culturale alla ennesima potenza e denegato per ragioni che tutti sanno ma che non dicono: il pregiudizio conflittuale fra genti di lingue diverse. Pochi soldi, tanto arredo urbano, tanta cultura, tanta valorizzazione di propri artisti e poeti. Il respiro del territorio che accoglie tutti, turisti in primis e si fa conoscere. Santa Maria del Guato attende esposizioni permanenti degli artisti, di tutti. Oppure banale dominio di chi giŕ dirige e tende alluno? In ogni caso lanelito al grande evento che sia almeno volano di richiesta e di contratto di reciprocitŕ e scambio magari apprendendo ad utilizzare risorse istituzionali (gratis) sparse per le piů importanti cittŕ del mondo.

febbraio 2012

Bruno Martinazzi ha 89 anni e vive nel futuro. E un artista nato a Torino, uno dei piu brillanti e originali scultori e orafi del nostro tempo.
Abita in Piazza Vittorio, al terzo piano, e sopporta i rumori della movida pur di non rinunciare alla vista sul Po che toglie il fiato. Dal suo salotto, zeppo di foto, libri e opere, si vedono i tre ponti sul fiume, la Gran Madre e la collina. Il panorama, specie di sera, rimetterebbe in pace con la cittŕ anche i piů rancorosi. Quelli che ce lhanno su con il traffico, lo smog, il provincialismo, con ciň che č torinese. Č da questa stanza che Bruno Martinazzi riflette sulla ŤGiornata della Memoriať e guarda avanti.
[Continua la lettura]

gennaio 2012

Fra gli 8.000.000 e passa di poveri si trova anche qualche cosa di importante, di molto importante.
Oggi mi ha chiamato E. Lavevamo aiutato a Natale ed anche prima. E. č un nostro amico. Quando chiama ha da raccontare qualche cosa che pensa importante oppure ha bisogno. Gli rispondo richiamandolo col cellulare per non farlo pagare troppo. Mi dice che non sta tanto bene ma che ha bisogno subito di 30 euro. Trenta euro. Come i denari. Mi informa che siccome pioviggina non riesce ad andare a chiedere lelemosina sul sagrato della chiesa: poche persone. Ma mi vuole anche vedere. Ci diamo un appuntamento dalle parti del teatro romano. Arrivo ma non lo vedo. Sento ad un tratto la sua voce. Si sta mettendo daccordo con alcune lavoratrici del negozio di fronte per aiutarle, il giorno seguente, a mettere a posto gli scatoloni. Ci abbracciamo: era sulla strada perché pensava che arrivassi in macchina, invece no, ero a piedi. I trenta euro. Per cosa? Per comprare una vestaglia ad una signora molto anziana che č stata ricoverata improvvisamente per una reazione allergica ai farmaci. Voleva che laccompagnassi a scegliere la vestaglia. poi gliela avrebbe portata in ospedale.
Chissŕ se le varie lady e i vari sir spread arriveranno un piů speditamente alla lettera s sul loro dizionario personale: dove s sta per solidarietŕ ed affettivitŕ. Anche lEuropa non vive senza esse. Oppure penseranno ancora che la solidarietŕ e laffettivitŕ č roba per gli 8milioni e passa di poveri italici e basta.

ottobre

Falso allarme
Lapocalisse č rinviata a data da destinarsi
Ricapitolando. LEuropa non č esplosa. La Germania non č uscita dalleuro. La Grecia nemmeno. LItalia non č stata espulsa per indegnitŕ. La Spagna č considerata praticamente fuori pericolo. Di Irlanda e Portogallo non si parla nemmeno piů. Il Bundestag ha approvato preventivamente senza fare storie. Slovacchi, finlandesi, austriaci e olandesi, solitamente malmostosi in prossimitŕ delle grandi riunioni europee, sono stati silenziosi e collaborativi.
Le banche, volenti o nolenti, si ricapitalizzeranno. Ad addolcire di molto le loro pene, se č vero quanto ha scritto Les Echos, provvederŕ lautoritŕ bancaria europea, lEba, che le autorizzerŕ a computare nel capitale i CoCos, obbligazioni ad alto rendimento convertibili in azioni in caso di pericolo per la sopravvivenza della banca. [Continua la lettura]
27 ottobre 2011

I Guasta-Feste
(uno sguardo ai moti provocati dal ribollire e sobbollire sociale)
Sembrava che la lettera (segreta prima e poi pubblicata a destra e a manca) della Banca centrale europea firmata da Trichet (oggi in para-pensione) e Draghi (past governatore della banca dItalia e prossimo allinsediamento al vertice della Bce) mettesse fine al fermo di tutto ciň che i governi e i parlamenti della nostra Italia erano riusciti ad imporre per la loro sopravvivenza e per il quieto prosperare delle corporazioni. Ma anche in questo caso abbiamo visto che se queste nostrane ed importanti istituzioni avessero messo in forma le raccomandazioni della Bce avrebbero disatteso ampiamente la loro auto poiesi, il loro galleggiamento. E cosě č stato: non si fa; ma si rende pubblica la nota cercando di salvare se stessi anche con ladditare le pensioni come il male assoluto guardandosi bene dall entrare nei necessari ed opportuni distinguo. Il dagli alle pensioni diventa uno sport di caccia condiviso. Sotto sotto si vorrebbe che altri facessero, scotomizzando cioč non vedendo lesempio che si dŕ e quanto altri abbiano inteso lo stato come malloppo da spartirsi. Sicuramente noi cittadini subiremo stress e riduzioni di benessere, collettivamente ed individualmente. [Continua la lettura]

Sant’Antonio, A.D. 2011
Trovarsi a Camposanpiero alla Chiesetta del Noce – dove piů o meno 800 anni fa cera il noce da cui Sant Antonio da Padova predicava – per un incontro mondano (ma sarŕ proprio tale?) come č il convegno internazionale che ha per oggetto La donna e il sogno ha significato incontrare le parole del santo. Non era nella scaletta, ma le parole di santAntonio ci sono venute incontro fra le quercette che adornano il canale e i lati del vialetto. Parole dei suoi sermoni. Mentre migliaia e migliaia di persone giovani e diversamente giovani in tutto il mondo marciavano per dire la loro; per dire basta ai nanosecondi con cui la finanza del mondo gioca allo scoperto riuscendo addirittura a vendere ciň che non ha (scoperto appunto) e gli stessi debiti che ha fatto e che sta facendo. Una finanza che vende e svende fiducia, rapporti virtuali. Ma che crea povertŕ. Wall Street, Borse, F.M.I., Bce, Spread, banche e Istituti Bancari, City, Indice Hang Seng, AAA. Le parole di veritŕ della gente comune, ordinary people, giovani, anziani diventano veritŕ che in certi ambienti non si vuole sentire perché la veritŕ suscita odio per cui la prova del silenzio deve ricadere per forza su chi vorrebbe dire, urlare, proferire veritŕ. Silenzio, allora. Prendere a modello la cultura dei mondani. Lo diceva giŕ SantAntonio! Dire la veritŕ, a costo di apparire naif, viste la tante veritŕ-relative a cui ci ha abituato il nichilismo fai date con la debolezza del pensiero, diventa dirompente, scandaloso. Per questo vediamo la polizia e la sentiamo dire let movi perche sia sempre libero lo spazio attorno ai templi dei giochi finanziari. Sia mai! Nessuna veritŕ deve fermare il giocattolo dei finanzieri potenti. Alla domanda chi č piů bestia noi o gli animali? santAntonio risposegli avari, gli usurai. I primi generano i secondi. Si sono impadroniti di tutto il mondo. Hanno denti da leone. Sono bestie feroci che si straziano la mente per accumulare. Animali piccoli apparentemente misericordiosi. Succhiamo il sangue dei poveri, li stritolano insensibili al loro pianto. Hanno due pesi e due misure. Ma possono andare in Paradiso? Il santo dice si, se si tolgono il sudiciume dagli orecchi del cuore, se si pentono, se si convertono. La forza del perdono cč sempre. Non č da poco, essere cristiani, conoscere il perdono. E non č poca cosa rileggere queste parole dette e scritte da santAntonio in questi periodi di gravi crisi. Ricordarsi di avere le orecchie del cuore ci riporta allimmagine agostiniana che invita ad ascoltare col cuore. Ma se le orecchie sono piene di cerume, di lordura la voce, le parole dellaltro non sono sentite. La sorditŕ procurata dalla ricchezza sta nellimmondizia dellaccumulazione alienata ed alienante.
Augusto Debernardi

settembre

Ci mancava anche questa: un signore (facoltoso) catturato anni fa dalla giustizia statunitense per piů che possibili abusi allinfanzia si dedica al volontariato dopo essere sfuggito alle pene americane. Torna nella sua cittŕ Trieste grazie a vari affidavit firmati da persone importanti e si riabilita entrando nel volontariato; forse la sua coscienza si converte. Istituzioni laiche e cattoliche lo accolgono e gli danno una mano e ricevono degli aiuti. Trionfo del perdono! Ad un certo punto appare, dopo aver aiutato barboni e derelitti, anche in un girotondo festoso con dei bambini. Qualche timore parte dai genitori e un sacerdote ne raccoglie le trepidazioni e, dopo essersi rivolto alle laiche istituzioni con poca risposta, lancia il suo strale preoccupato attraverso i media. Intanto si apprende che pure il sindaco di Trieste ha partecipato alla festa, insieme. Sinteticamente: tutto ciň che č esibizione ed ostentazione č stato rispettato; tutto ciň che č riservatezza č stato disatteso. Per ora siamo ad un assessore comunale che dice che č felice di essersi sbattezzato. Altri pensano che la grandezza della chiesa stia proprio nelle polaritŕ di chi tollera e di chi teme e forse nemmeno censura ma risente della inconcludenza dei richiami e se ne preoccupa. Uno squallore che ha moltissimo a che fare con quel ponte che il perdono cristiano edifica continuamente nonostante le altrettanto continue distruzioni, troppo spesso, figlie dei rapporti sociali mediati dallimmagine. Sarŕ per questo che altri derelitti o rei giacciono nell’abbandono non essendo abbastanza facoltosi.

Con lamarezza in aumento si potrebbe concludere con locchio rivolto alla laicitŕ in maniera laicamente iconoclasta: un tempo si compravano le indulgenze, oggi si ha il volontariato. Per questa ragione lessere volontari necessita di tutele e rumori assai ovattati, affinchč le buone pratiche restino tali, quando ci sono, e non siano limitate ad unetichetta.
Augusto Debernardi (sociologo clinico)

Di fronte alla catastrofe
Parecchie persone – non certo moltitudini – mi hanno domandato come mai in questa fase politica e di crisi sociale non abbiamo gambizzazioni e pallottole dargento. Senza scomodare le visioni piů fosche e paranoidee a cui certa politica e certe istituzioni ci hanno allenato attraverso le loro trame e depistaggi rispondo scomodando una vecchia metodologia psichiatrica prodotta sulla fine degli anni 60 da una psichiatra svizzera. Con essa si evidenzia la seguente sequenza di risposta di fronte alla notizia della morte o della catastrofe. Si incomincia negando il problema (no, non č cosě, non sarŕ cosě); poi scatta la rabbia (non č giusto, non ha senso che capiti a me, si incolpa qualcuno anche gli stati fanno esattamente cosě! -); si passa alla negoziazione (basta curarsi, applicare qualche correttivo salutistico, prendiamo tempo cioč); poi arriva la depressione (non cč niente da fare, siamo in balia, meglio rifugiarsi in noi stessi e basta) ed infine si accetta e SI TACE e ci si isola ancor piů. Negli stati di fronte alle catastrofi accade piů o meno la stessa cosa. Accadono anche brevi e violente arrabbiature di piazza, ma non organizzate e perseveranti ma assai caratterizzanti la nostra societŕ occidentale ad esempio con la devastazione di negozi e centri commerciali. Senza scomodare mille analisi i fatti di violenza collettiva accadono semplicemente perché si puň! (come possono i vari governanti della cosa pubblica aumentare del 150% le trasse magari attraverso laccensione di debiti collettivi!!) Ma anche i cosiddetti mercati, allenati come sono ad una visione novecentesca delle cose sociali (quando le masse finivano irreggimentate negli eserciti e mandate a morire) sono supini e per niente fantasiosi e giocano a scommettere sul default anche degli stati per guadagnare subito. Hanno “solo” piů potere di altri (finanziariamente) perché glielo hanno lasciato intatto ed anche fatto prosperare. Ma molta parte della popolazione, ovviamente per la sequenza su esposta, continua a votare gli stessi schieramenti (e le stesse persone) che hanno contribuito al disastro che non č frutto del solito ed unico tiranno. Intanto i consumi di frutta e verdura diminuiscono ma non quelli dei dolci e dei grassi. Flessibilitŕ e coesione diventano indispensabili oltre che molto ragionevoli ed emotivamente valide. Perň sono cose a noi-cittadini abbastanza precluse e difficilmente raggiungibili (ma non impossibili) visti gli inni allindividualismo in tutte le sue forme che i vari sacerdoti delle varie e multiforme caste hanno elevato. E in questi peana vanno compresi i piů gravi cioč quelli prodotti dagli egoismi istituzionali che fondano proprio le caste e le corporazioni. In ottemperanza al dettato della societŕ dello spettacolo e della falsitŕ come veritŕ.
Augusto Debernardi (sociologo clinico e presidente di Iniziativa Europea)

Fra caste e istituzioni poco caste… non appisoliamoci
Viviamo tempi curiosi con istituzioni altrettanto curiose anche quando vorrebbero stimolarci. E cosě, grazie alla dimensione comunitaria europea, abbiamo il Pisus che non vuol dire pisolo od altro ma piano integrato di sviluppo urbano sostenibile. Gli assessori comunali triestini chiamano a raccolta aziende e quantaltro: soldi comunitari in vista. Pisus č un acronimo.. ma qualche volta gli acronimi additano il motto di spirito!

Siamo in peno magazzino 26, dove ci sta una biennale diffusa che attraverso lidea dellarte č riuscita a far trionfare ogni tipo di deroga edilizia e non solo. Infatti tratti del porto vecchio di Trieste sono stati segnati dalla piů totale cultura della deroga della deroga: deroga per gli impianti di ogni ordine e grado, fogne comprese, energia idem. Bene: deroghiamo. Con larte č piů facile. Ma non vorremo del tutto derogarci dalle preoccupazioni perché assessori comunali e sindaci vedrebbero bene qualche edificazione a firma Ater anche in zona porto vecchio: magazzino 26 docet e batte la pista. Uno sguardo al popolo piů popolo salva la coscienza. Bene. Domanda: ma si č proprio certi che sia ancora il caso di costruire del nuovo, trasformando, di fatto, aspetti di ambienti storici in meri centri commerciali che alla sera diventano deserti come tutte le zone commerciali a meno che non siano riempiti da gazebo per qualche piů o meno assurda fieretta o da qualche avventore schiamazzante di bar e bevitoria? Molti, troppi centri storici di cittŕ importanti la stessa Roma e San Marino hanno avuto questa sorte. Il punto ovvio č che non sono i piani la soluzione ma la politica. Riuscirŕ costei a dire basta a inventare una agenzia per laffitto affinchč garantisca anche i privati cittadini dalle insolvenze di affittuari poveri o senza scrupoli ed affinchč si dia una risistemata fondamentale alle case vecchie, abbruttite dal tempo e che richiedono investimenti seri? E magari crediti davvero agevolati per ridare senso ad una cittŕ dagli edifici non proprio sempre attraenti. Mi pare che un certo sig. Soru in unisola del mar Mediterraneo abbia varato propria una legge che recita per cinque anni nessuna nuova costruzione. Dice qualche cosa o solo addita sconfitte politiche anche se poi sembrano ritorcersi contro gli eletti vincitori?
Augusto Debernardi

Debito pubblico e patrimonio (pubblico)
I tempi di bancarotta allertano tutti, anche quei ricchi per bene che invocano una imposta sui loro patrimoni. Il rumore del banco rotto stimola a qualche ragionamento naif. Senza tavoli di mezzo, ma prendendo informazioni di qua e di lŕ. Debito pubblico pari a 1900,00 miliardi di , cioč il 120% del nostro vecchio PIL. Riflessione: ma lo stato, cioč tutti noi, non č che non abbiamo dei patrimoni? Uno studio del ministero del tesoro valuta il patrimonio pubblico pari a 1800miliardi di euro. Ci siamo quasi. E parte di questo patrimonio sta nelle pance degli enti locali, regioni comprese, che sono a loro volta indebitate. Se solo questi enti dismettessero il loro patrimonio quello non strettamente necessario ai compiti istituzionali si calcola che diminuiremmo il debito complessivo e di colpo di 6 (sei) punti di Pil. Mica male. Se qualcuno č scettico e vuole completare il ragionamento che propongo potrebbe rivolgersi al senatore Nicola Rossi, giŕ esperto del presidente DAlema. Non sempre i rottamandi sono alieni da idee sensate. Ma le caste e castine?
Augusto Debernardi (sociologo clinico)

agosto

Debitocrazia: un tema non da poco
Ci siamo: siamo arrivati ad essere governati dal debito. Veramente da chi lo ha contratto e fatto alimentare. Si vede proprio, nonostante gli insegnamenti dei piů grandi filosofi come Agamben , che cč una pesante differenza fra democrazia e legittimazione del potere. Democrazia č una forma di governo, punto. E proprio per questo ci sono molti cittadini che non si sentono affatto corresponsabili del debito accumulato. Accumulato da chi? Coloro che non si sentono produttori del debito sono quei cittadini che hanno ipotecato la casa per poi pagarsi il mutuo; quelli che hanno contratto debiti quando non potevano farne a meno e ne hanno pagato la restituzione e gli interessi. Sono quei cittadini che non hanno mai fatto debiti. Per rendere le cose piů semplici ed elementari: perché dovrebbero essere corresponsabili del debito provocato dalla corruzione o dagli espedienti legali per ottenere dei sovrapprezzi rispetto a quanto espresso al momento delle gare da imprenditori con studi legali coi fiocchi? Oppure per avere entificato a dismisura la societŕ? Giŕ perché? Perché maggiore povertŕ diffusa e aumento dellansia a senso unico?
Augusto Debernardi (sociologo clinico)

giugno

Le strane associazioni di alcune parole: Guru e accuse (contabili)
La parola guru č spesso associata alle questioni contabili. Basta pensare cosa accade nelle alte sfere del potere della nostra Italia o dalle parte di cifrematici famosi. Ma anche dalle nostre parti. Possiamo rilevare che luso del vocabolo guru (che propriamente indica il maestro spirituale indiano) anche quando č fatto in maniera chiaramente affettuosa o quasi esprime e nasconde il motto di spirito, la bonaria presa in giro. Un sottile espediente, assai insidioso, perché propaga il senso esattamente contrario al significato letterale. Lo hanno usato in molti, a Trieste, per indicare lex direttore della sanitŕ triestina quando era allapice del comando. Bonariamente, come si diceva. Ma č proprio cosě? Quali rimandi vediamo? Spesso accade che al di lŕ della censura espressa della sentenza 5259 della Corte di Cassazione che stabiliva appunto luso offensivo del termine le persone nel corso della loro vita si trovano a ricercare qualcuno in cui avere completa fiducia. Cercano di essere guidate, comandate. Ed ovviamente ci sono persone a cui piace moltissimo avere dei seguaci fedeli. Dove fedeltŕ vuol dire assenso e consenso totale. Succede moltissimo anche nella sanitŕ (e nella politica) dove lattribuzione di carisma e di competenze e di potere č pari a quello che la persona promana e costruisce o millanta. Ciň accade vuoi per lanelito di una guarigione vuoi per una carriera o spazio espressivo e valorizzante. Sotto un aspetto piů generale il guru diventa un capo-supplemento assai complementare alla societŕ delle imprese nella quale il sé č il capitale da valorizzare e dunque, rispolverando il vecchio Freud, la separazione fra Io e ideale dellIo non č molto sviluppata. Cosě il capo-supplemento detto nel lessico comune guru non č altro che un imprenditore che dŕ limpressione di una sua maggiore forza e libertŕ (libidica). La societŕ dello spettacolo lo permette alla grande. Ci avviluppa, tutti. E i poteri-veri sono disperatamente presi nella ricerca di primeggiare.
Augusto Debernardi (sociologo clinico)

Non č sufficiente il concetto di rete per fare Europa.
E da poco passato il 74° anniversario della morte di Carlo Rosselli (9 giugno) che ci ricordava con la sua frase “Oggi in Spagna, domani in Europa” che i paesi sono passibili di legami, hanno destini piů in comune di quanto si pensi e che la libertŕ esige dei prezzi. I Greci stanno annaspando in un debito difficile e importante ma anche altri paesi come il nostro non č che stiano lě per ridersela. Proprio no. La parola lavoro sembra diventata sesquipedale (ampollosa) mentre č sempre uno strumento indispensabile per il genere umano. Nel piccolo avevamo varato una narrazione collettiva Lavoro-Impresa: andata|ritorno. (sarŕ presto sul sito web di iniziativa europea). Il lavoro non č un optional o privilegio. Né lo č il reddito da cittadinanza. Oggi abbiamo la Fiom a Bologna sul tema lavoro e altri due grandi sindacati CISL e Uil che richiedono la riforma del fisco. E ci aggiungono la loro prestanza muscolare che non mancherŕ di chiamare adepti al ventilato sciopero generale. E intanto in Spagna il PP ha la piů forte concentrazione di potere municipale della storia repubblicana spagnola. Un monito per tutti. Come pure il game over della continuitŕ del potere governativo italiano. LEuropa č chiamata a scegliere (vale dire le ns. forze politiche) fra stati federali europei oppure rafforzamento dei poteri degli stati singoli. Una cosa č certa: non si potrŕ sostenere come ha fatto lItalia – fino a domani – un impianto di poteri pubblici inalterati dal tempo del fascismo e nonostante il crollo del muro fra comunismo e capitalismo. Lesistenza di tale pesante ed invadente impianto statale di casa nostra ha permesso la proliferazioni di inutili centri decisionali (entificazione della societŕ) che mettono in crisi la democrazia impedendo espressioni diverse, ascolti diversi, relazioni diverse, equitŕ distributiva ed impositiva. Democrazia cioč.
Augusto Debernardi (sociologo clinico)

La seguente riflessione, ha provocato un piccolo dibattito sul sito del Gazzettino.
Bossi-Fini lasciano il nome su una legge che dŕ il colpo di grazia alle giŕ sgangherate carceri italiane, affollate per il 165% della loro capienza. Tale legge dŕ anche una bella spinta allautoritarismo collettivo. Tutti sanno, cioč coloro che un po di studi fanno sul serio, che limmigrazione č il prodotto di due grandi fattori: push (spinta) e pull (attrazione). Spinta allemigrazione sono le guerre, le carestie, i regimi del terrore e della tortura che vanno sempre a braccetto. Richiamo od attrazione allimmigrazione sono le imprese e le microimprese che necessitano di lavoro e le famiglie che necessitano di badanti.
Continua la lettura.

aprile

In riferimento agli stati generali della cultura svoltisi ad Udine il 16 marzo sc. ed a cui non abbiamo potuto partecipare causa malattia porgiamo questo nostro documento allegato. La ns. Associazione č impegnata in questo dominio e pertanto si permette di porgere alcune sue osservazioni in merito e richiede anche di essere invitata alle commissioni di studio che seguiranno.

Marzo

E ci risiamo altri venti di guerra!

Ricordiamoci lart. 11 della nostra Costituzione:
< L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertŕ degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di paritŕ con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranitŕ necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.>
Un articolo che va letto tutto perché ammette che L’Italia accetta di limitare la propria sovranitŕ a favore delle organizzazioni internazionali che promuovono la pace e la giustizia (come l’ONU)[…]
Continua la lettura

febbraio

Potremo ancora farla franca?
Il Nord Africa che si affaccia sul mare nostrum (Mediterraneo) ha avuto un contagio a dir poco impressionante: moti popolari su tutta la sua fascia costiera. Moti come quelli che si studiavano sui sussidiari di un tempo cambiano le caste del potere. Anche di quello che pareva il piů solido. Che il ceto medio, la borghesia nascente abbia avuto un ruolo fino a ieri sottovalutato? Oppure che il pane sia stato il determinante piů forte? Sě, proprio il pane, quella cosa di cui il libro di Predrag Matvejevi parla con dovizie, Pane nostrum. Nostrum come il mare che ci unisce tutti. Se cosě č non possiamo non dirci che agenti finanziari si stanno prodigando per stimolare i risparmiatori a comprare titoli (derivati poi) di compagnie che trattano le materie prime, alimentari compresi. Quei chicchi di granaglie e quelle farine con cui si fa il pane nostrum. Che costa di piů. E si vede. Latouche, leconomista della decrescita, prevede crisi alimentari fra un mezzo secolo. In realtŕ non proprio pochi di quelli che compongono il patrimonio dellumanitŕ soffrono giŕ oggi la fame e non hanno soldi per comprare il cibo primario. Esiti di speculazione? Quasi sicuramente si, anche con molti distinguo. Forse gli economisti hanno quasi ragione a distinguere. Perň la domanda di un bene come il pane fa sorgere una domanda per un bene ancora piů grande: la libertŕ. Ecco ristabilita quella gerarchia di valori che tutto il nostro sistema di dipendenza dagli oggetti ha voluto NEGARE a favore di un godimento diffusamente obbligatorio, senza desiderio. Per noi del nord del mare nostrum diventa difficile farla franca anche se ci accorgiamo che lautostima e lautoincensamento del nostro premier homme non manca affatto e sta lě come per consolarci.
Augusto Debernardi (sociologo clinico)

Il Piccolo, 24 febbraio 2011
Noi: Bambini di Noč
Chi aveva mai pensato a Noč come una sorta di collezionista? Uno dei piů antichi, se non il primo collezionista della storia. Ma cč anche chi, oggi, mette da parte gli oggetti come le parole e le conserva con dei libri. Le parole ci dicono qualche cosa e sono lobiettivo del nostro lavoro associativo. I libri sicuramente durano molto di piů dei dischetti e delle chiavette. Per noi, come per il poeta, nessun nome puň essere scritto sullacqua. Ci proviamo allora. Anche con Trieste Scrive. Scrivono in tanti, anche se tutto sembra solo elettronico e la politica sembra solo schiava del potere. Anzi noi e i capiě tutti costretti al godimento senza fine, senza desiderio. Dipendiamo dagli oggetti, dal danaro. Ma, ritornando a raccogliere parole e custodirle, diamo il nostro contributo affinchč il mondo riconosca e dichiari che luomo č patrimonio dellumanitŕ. Quando ciň avverrŕ le barche e i barconi saranno pieni di patrimoni dellumanitŕ e non di diversi. E cosě le carceri, gli ospedali, le scuole. Silvano Agosti ha presentato una precisa richiesta allUnesco in tal senso lasciandoci sperare che anche oggi cč qualcosa da collezionare oltre i pokémon, le figurine, i bakugan, i soldi, i problemi procuratici dai signori e signore di tutte le taglie.
Augusto Debernardi

Il Piccolo, 20 febbraio 2011
VOLONTARIATO
ŤPoesia e rivoluzioneť
Le donne di molte cittŕ italiane, domenica, portavano una sciarpa bianca. Nella tradizione cinese e’ indiana il bianco č segno di lutto, di fantasmi. Dalle nostre parti č segno di purezza, di solennitŕ liturgica e per i movimenti femministi indica la violenza contro le donne. Per non essere troppo distratti qualcuno portava il bianco e il nero: contro l’incuria dilagante, contro la voragine politica. Noi abbiamo provato a resistere cosě: con i nostri amici siamo riusciti a far fare un libro che si chiama Ťpoesia e rivoluzioneť (la poetica del Che) che per sollevare un po’ di sensibilizzazione negli studenti dell’Uni-versitŕ di Trieste – grazie a docenti come Prenz, Palmisano. Ferracuti et alter – e indirizzarla all’Hogar (focolaio) Guadalupe (il nome é quello della Vergine) ad Asunción in Paraguay e raccogliere per loro un po’ di euro. Alcuni lo dicono volontariato. Altri dicono che bisogna pensare ai cavoli nostrani e storcono la bocca. Alla luce. di quel che é accaduto dalle parti di Roma immaginiamo che ci vuole una giustizia enorme per dare ragione della morte di quei 4 bambini uccisi dal fuoco della loro baracca. Uccisi dalla noncuranza di genitori che li hanno lasciati soli, dalla inettitudine a un lavoro che non c’č, dall’incuria di una politica senza fondo, da un’immagine astratta e irreale della donna e dei corpi umani – anche di quelli che attraversano il canale di Sicilia, dalla demagogia che non manca mai, dalla retorica ipocrita. dalla mancanza di casette. Solo un Dio che sappia piallare le assi per le pareti della casa e poi le vernici. ci metta gli impianti, l’arredi e dica ecco, č per voi… solo un Dio molto amorevole e dunque paziente e perseverante saprŕ dare una casa (eterna) a questi piccoli che come quelli di Asunción e di tanti altri luoghi pagano prezzi scaricati su di loro dai grandi di tutte le taglie. Una casa in cui anche questi grandi di tutte le taglie fra non molto potranno essere accolti. Noi ci accontentiamo di piallare almeno un’asse in tutta la nostra piccola vita o di dare una pennellata sghemba. Siamo certi che ci siano molte piů persone capaci di imitare minimamente, umilmente questo grande Dio e trovare cosě su una strada sensata per un po di diritti e un po’ di giustizia.
Augusto Debernardi e Marina Moretti

Il Piccolo, 11 febbraio 2011
PREMIER ED ESCORT
ŤAlla politica serve un nuovo rinascimentoť
di Augusto Debernardi sociologo clinico
Il mio caro amico Dario mi ha mandato via e-mail una sintesi della nostra storia. Gli sono bastati tre disegni o bozzetti. Il primo rappresenta Giulio Cesare con il gladio sguainato: il secondo Mussolini con il braccio alzato; il terzo č dato da un piccoletto in mutande che ha alzato qualcosa altro. Al bar del circolo si sorride anche cosi. Il fatto perň ha una sua complessitŕ ben piů aggrovigliata, che per una serie di ragioni mi fa stare alieno dalle coorti di tutti coloro che gonfiano il torace di indignazione. Anzi, mi domando come si potrebbe chiamare quella rivoluzione, pardon, spallata che alcuni politici sembrano voler indicare al loro popolo nascondendo la mano ed evocando il Nord Africa mediterraneo. Mi sa che verrŕ chiamata “rivoluzione del fallo”. Cosi preferisco ricordarmi dello Spirito Santo. Sarŕ per questo che mi viene in mente un’immagine: i vasi delle Danaidi. Le Danaidi avevano ucciso i loro mariti ed erano state condannate a riempire vasi che non avevano fondo. Dove va quell’acqua? E la metafora lacaniana dell’impossibilitŕ di misurare il godimento né di contenerlo. Come ci diceva Preti(‘ č solo il fallo ad essere felice, non il suo portatore che sempre č costretto all’ignoranza nei confronti della sessualitŕ femminile. La soddisfazione pulsionale č sempre imperfetta. Resta la domanda: come faremo mai a riempire le botti di una politica senza fondo? Avremo bisogno di un nuovo rinascimento che sappia ridestare i capitalisti nel loro inopinato sciopero, i politici succubi del potere qualunque. il popolo e meno Tartuffe con le neo cabale dei devoti.

Il welfare, la crisi, i diritti: rispondiamo col budget di cura autogestito
di Augusto Debernardi (sociologo clinico)
Quando i venti della globalizzazione hanno incominciato a spirare sempre piů forte hanno trovato il campo libero dai mille concetti che parevano radicati e pronti alla nostra difesa. Come il rapporto fra lavoro e capitale, fra lavoro e impresa, fra cittadinanza e tutela certa da parte dello stato. Il concetto di societŕ si č liquefatto e al massimo si sente dire della rete. Il vero č che il saggio di remunerazione del capitale industriale – che č stato sempre piů spostato verso lalto come se anche nel settore manifatturiero fosse possibile la totale analogia con i rendimenti finanziari tout court – non consente piů di avere motivazioni accettabili da parte degli imprenditori o capitalisti. Addirittura questi preferiscono accendere mutui per investire in derivati di dubbia natura. Stati in cui il denaro č abbondante preferiscono investire nel debito di stati in difficoltŕ (come la Grecia et alter da parte della Germania ad esempio) dando poi il lŕ a nuove bolle. [continua la lettura]

gennaio 2011

Drive in policy
Che bello sarebbe avere un premier, un sindaco, un governatore, consiglieri e parlamentari vari che la sera a cena, magari sentendo ladagio di Albinoni oppure Stabat Mater di Pergolesi o di Vivaldi o di Rossini oppure Equinozi/Enakonoja conversassero con amici e conoscenti su come portare investimenti al sud, come rendere ancor piů eccellenti le nostre universitŕ, come proteggere il nostro suolo, come liberarci dalle cosche criminali attivando sě mille orecchi di Dionisio, come attrarre investimenti stranieri, come ridurre i tassi di povertŕ, come spegnere i focolai di guerra, come fare unEuropa coesa e sensata, come renderci piů liberi e responsabili e meno attratti e bloccati dal disagio, come fare per ridistribuire ai legittimi proprietari ovvero i lavoratori quell8% del PIL che invece č andato ad incrementare i profitti, come fare per non essere schiavi della consolazione con il godimento compulsivo e come liberarci dalle ansie inquisitorie e voyeuristiche, come attivare davvero la sussidiarietŕ e liberarci da incrostazioni vetero stataliste inefficaci (AD)

dicembre

LASSOCIAZIONE INIZIATIVA EUROPEA attraverso il suo presidente, Augusto Debernardi, sollecita il Governo italiano e la Presidenza Europea ad intervenire con estrema sollecitudine per la liberazione delle 250 persone (eritree, somale, sudanese, eritree, etiopi ) costrette in catene (letteralmente) da un gruppo di predoni che nel deserto del Sinai pretendono dei riscatti.

Continua la lettura

Il Piccolo, edizione sia Trieste che Gorizia, ha pubblicato una riflessione di Augusto Debernardi e Marina Moretti sulla fiera “Piů libri piů liberi”.
Leggi

novembre

Le ragioni di alcuni dati Istat a partire dalle condizioni della sanitŕ pubblica in regione FVG
18 novembre 2010, Augusto Debernardi (sociologo clinico)
Il 17 novembre alla CISL di Trieste si č tenuto un importante incontro sullimpatto della crisi sulla sanitŕ nella ns regione. Piů che della crisi in senso lato si č detto da parte dei relatori dal dott. Del Bello (Cisl medici) al dott. Zigrino (ex manager della sanitŕ triestina e di altre cittŕ) ad altri importanti primari cosa succederŕ a seguito di scelte strategiche reputate errate da parte della direzione regionale che ha soppiantato lagenzia regionale per la sanitŕ e persino lassessorato ed ha reso piů burocratiche tutte le procedure che segnano la vita di una qualsiasi azienda come il semplice fatto di assumere una nuova unitŕ di personale anche a fronte di molteplici pensionamenti e mettendo di fatto in piedi una organizzazione gerarchica, rigida, per niente federalista e dunque limitatrice di ogni autonomia aziendale. Anche di quelle aziende della sanitŕ che a Trieste hanno i bilanci del 2009 in pieno avanzo di utili. I loro utili sono cosě ripartiti: oltre 540mila lAzienda per i servizi sanitari; oltre 43mila lazienda ospedaliero-universitaria e oltre 265mila il Burlo i.r.c.s-. La crisi generale, intesa forse come babau o entitŕ da evocare per dare ragione dei tagli č rimasta come contesto di sfondo, come fantasma capace addirittura di far procedere nel miglioramento (nuove razionalizzazioni e ristrutturazioni). Nessuno, anche se la sanitŕ č per lo piů pubblica, si domanda mai se il tasso di redditivitŕ del capitale, se il ricorso al capitale costante (automazione e innovazione) agisce sulla occupazione e in che misura, se il tasso di accumulazione e di profitto siano ininfluenti.
Continua la lettura

Onestŕ e umiltŕ: ecco i rimedi per la politica
10 novembre 2010, Augusto Debernardi (sociologo clinico)
Leggere che le gerarchie ecclesiastiche a livelli piů e meno elevati chiedano ai cattolici io direi agli onesti, rispolverando quel senso che Saba aveva abbinato alla poesia quando onesta, appunto – di non esimersi dal fare politica ci fa dire che la situazione č greve. Quando la politica rischia di fare schifo, č il momento in cui si rischia di mettersi a fare politica. Perché? Perché la riduzione della politica a chiacchiericcio, a pantano, ad aumento dei costi degli interessi dei titoli pubblici, a deformazione dell’umano in maschere del potere č di certo funzionale al potere stesso. Che trova un altro, ennesimo modo per tenere lontano dai suoi territori le presenze scomode di cittadini che abbiano voglia di impegnarsi per un motivo ideale e non per partecipare al torneo o alle torte, agli slam, agli spettacoli. Far apparire la politica una palude a cui non val la pena partecipare č interesse di chi governa la politica e di chi vorrebbe far a meno della politica. Perň, forse bisogna cominciare col dire, anche quando si invita alla discesa in campo, che i costi della politica e della amministrazione sono eccessivi rispetto alle rese. Allora lappannaggio degli eletti non dovrebbe mai essere superiore a quanto gli stessi avevano nella loro vita privata con un tetto massimo di 4/5mila euro mensili. Condizioni di lavoro eccellenti sě, certo, come si richiede a tutti gli altri datori di lavoro. Stipendi che corrono se il prodotto č verificato; anche se si vota no questo no deve avere motivazioni chiare e definite. Sennň i bonus si trasformeranno in malus. Esattamente come per gli altri pubblici dipendenti e non. E poi domandarsi se davvero ci sentiremmo orfani o in lutto se diventassimo privi di certe forme istituzionali elettive e non. Ne dubito. Nel momento in cui la politica sembra ridotta a palude č il momento in cui occuparsi di piů di politica. Per risollevarla e correggerla. Perché la politica debole č sempre la strada attraverso la quale si affermano le dittature, visibili e invisibili, di certo il mediatore dellaumento dell eterodirezione nei nostri confronti. La maggior colpa delle “debolezze” private del premier (a parte l’aspetto triste e patetico delle vicende se confermate) č che contribuiscono in modo determinante a tale indebolimento della politica. E questo č una colpa grave. Come č colpa grave non capire che prima o poi i nostri ragazzi si preoccuperanno della nostra ignoranza mentre tutti noi ci occupiamo di non spendere per la loro educazione, ma solo per il loro abbigliamento scolastico. Grandi nel loro striscione. Patetico ridurre le loro gesta a disquisizioni di illegalitŕ.

agosto

Ammuina
6 agosto 2010, Augusto Debernardi (sociologo clinico)
Apparire č la base della nostra societŕ, forse della vostra. Ammuina: il massimo rumore possibile. Non č proprio vero che il tanto provenga da un regolamento militare della marina napoletana ma ha un fondamento veritiero basato sullesperienza di un ufficiale di quella marina che giŕ allora univa creativitŕ ed ironia. Apparire oggi č facile, ammuinando con immobili e societŕ monegasche e nostrane, con immobiliari e faccendieri o brokers per dirla in maniera globalizzante. Magari anche con qualche pizzico di criminalitŕ piů o meno organizzata. Sarebbe bello leggere che queste relazioni fra eletti e persone poco di buono portassero a ri-abilitazioni concrete. Chissŕ. Perň vorrei ricordare che ci sono cose che fanno meno rumore: una disoccupazione leggermente contenuta rispetto alle idiosincratiche stime di parte grazie ad ammortizzatori; un calo del 2,7% della produttivitŕ del nostro lavoro anche se la agricoltura tiene; la correlazione troppo spesso molto negativa fra produttivitŕ e salari; oltre 400 contratti nazionali (dicensi semplificazione forse?); il 35% del titoli di stato da piazzare entro settembre-dicembre p.v. sui 480miliardi di euro necessari; la stretta pesante sulla spesa pubblica per non finire come uno stato europeo un po piů ad est del nostro; mancanza di sostegni alle trasformazioni necessarie; inneggiamento astratto allaziendalismo in ogni dove; livellamenti al basso intesi come equitŕ; appiattimento della cultura a soli spettacoli e fierette togliendole ogni possibilitŕ di orgoglio e di elaborazione simbolica. Con qualche elezione procurata avremo ancor piů ombre silenziose che certamente non faranno ammuina.

Non solo cosa leggere, ma come

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa riflessione di MB

Cari amici ClanDestini,
per una volta vorrei che si parlasse non del cosa leggere ma del come leggere; perché mi sembra che ultimamente si legga allo stesso modo in cui si guarda la televisione. Seduti, comodamente o meno, si sceglie qualcosa di ben confezionato che ci distragga la mente: magari un libro che ha giŕ pronta una riduzione video. Si cerca unevasione o, peggio, un allontanamento dal reale: una bella storia che non centri affatto con la nostra vita, che non ci inquieti. E per, caritŕ, poca poesia, che pare riservata a masochisti intellettuali o alla meglio inguaribili romantici!
Eppure anche leggere č un lavoro, se non altro č un andare incontro e presuppone un movimento del cuore e del cervello. Lo scrittore, se č vero, ci offre il suo di lavoro e ci dŕ lopportunitŕ di entrare a farne parte: chi scrive stipula un patto con chi legge, perché senza un lettore nessuna opera ha un senso. Da parte di chi legge invece esiste lavventura della scoperta, luso del proprio giudizio e la voglia, o meglio la gioia, di fare un passo oltre, di crescere, di apprendere.
Non considero un libro buono se, una volta finito, io non mi senta almeno un po migliore di quando lo ho cominciato: questo č il criterio della letteratura, che č lo stesso delleducazione.
Uno scrittore deve essere responsabile, cioč capace di risposta, di ciň che scrive appunto; ma un lettore deve voler interrogare quello che ha di fronte, non se lo puň subire, come non puň semplicemente restare indifferente.
Perché allora č quello che succede? Perché Herta Muller o Cormac McCarthy non hanno contrappunti italiani? Manchiamo di grandi scrittori o i migliori non vengono pubblicati perché non verrebbero letti, comprati?
Davvero siamo cosě disabituati a leggere bene, leggere il bello, oppure il motivo č altro, č che leggere in questo modo sviluppa un giudizio che a lungo andare puň diventare pericoloso
mb

cultural pride – orgoglio della cultura

Sotto il termine cultura ci č entrato di tutto, perfino la necessitŕ del possesso della patente b per dirigere un festival di poesia. Sappiamo benissimo che alcuni significati attribuiti ed attribuibili alla parola cultura grazie ad alcune connotazioni sociologiche ed antropologiche hanno consentito un grande affastellamento di oggetti, fini, obiettivi diversi e non sempre a-conflittuali. Ma tutto passň e tutto passa. La grande contaminazione dello spettacolo, condensato massimo del capitalismo i cui effetti si dimostrano con una feroce instabilitŕ, č innegabile. Labbordaggio da parte della componente politica (amministrazione, gestione e imposizione dellordine sociale) č stato altrettanto evidente: acquisti ed imposizioni con minimissimi dispendi finanziari per tutto quanto attiene alla sussidiarietŕ della pratica culturale ovvero alla presenza e partecipazione ed autonomia della cultura (soggetti di base) e con dissipazioni per il registro ed il regime dello spettacolo e dellenfatizzazione del cosiddetto evento dimostrazione ennesima della falsitŕ retta a veritŕ.

Ma cč unarea che silenziosamente ha macinato semi per produrre farina di incontri (veri), di riflessioni (vere), di formazione permanente e collettiva (vera), di gioia (vera), di libertŕ di scelta (vera), di ascolto (vero), di libertŕ espressiva (vera) anche quando č stabilito che solo lindividuo ha diritto di obbediente cittadinanza – di produzione vera di cultura rizomatica, ancorata al territorio degli scambi concreti e delle critiche possibili. Libri, dischi, letture, booklet, concerti autoprodotti, mostre di quadri in cui la spettacolarizzazione č elemento remoto o secondario. Ricerca e messa in azione del dispositivo della parola. Il dispositivo piů terrificante per i giochi del potere e per i suoi giocatori entusiasticamente proni. I media infatti per lo piů se ne stanno distanti e negano la notizia: troppo poco mediatica, ovvero niente pubblicitŕ niente informazione. Ovvio: chi fa lattore sociale non č parificabile al consum-attore. Chi va in piazza e nella calle per raccontare poesia , la sua poesia, per leggere la poesia dei grandi che hanno fatto la storia culturale di un paese e di migliaia di persone o produce la sua musica non č un consum-attore. Lagente culturale rivendica il suo orgoglio, la sua produzione rizomatica, la sua produzione di cultura vera. E ORGOGLIOSO.

Sa che la cultura non ha come fine primario quello di riempire alberghi, di vendere prodotti anche immateriali: ma a questa logica hanno voluto piegare ogni formato organizzativo moderno, anche dei cosiddetti distretti facendo finta che la cultura sia come la sedia, la barca da diporto (lo sapete che le barche da diporto hanno zero come innovazione tecnologica e solo restyling, tanto per lo piů passano la loro vita ferme, dondolanti in qualche porticciolo o messe sui cavalletti di qualche capannone), il mobile. Il vino stranamente no. (gulp) Evidentemente la storia dellorganizzazione della produzione economica (piů o meno tendente al cartello ed al monopolio per togliere esistenza e potere ad altri soggetti veri) č estranea a questi ragionamenti che hanno invece avuto il plauso di consum-attori della politica e della cultura della merce. Tutto č merce.

In tempo di briciole cadenti dai tavoli imbanditi troppi silenzi hanno ferito i nostri timpani e siamo arrivati allemarginazione del senso della cultura. Invece noi ne siamo orgogliosi. E ve lo diciamo. Siamo in giro con gazebo per dirlo e per ricordarlo. Siamo quelli che non chiedono assolutamente 150migliaia di euro per tre giorni di spettacolo, no. Ma siamo quelli che sanno cosa č la sussidiarietŕ e lentificazione della societŕ per evitare che diventi comunitŕ. Rivendichiamo il nostro diritto ad esserci. Non č poco. E non si č senza cultura.

luglio 2010

Abbiamo ricevuto queste osservazione da un amico di Milano – Paolo Barbieri – resposnabile ANSA per la politica e che era con noi a Fiume all’incontro di poesia del 2 luglio.
Scrive queste osservazioni sul libro di Paolo Universo ricevuto da Iniziativa Europea.
che gli ho dato.
PAOLO UNIVERSO, un poeta che non dimentichiamo e che non si fa dimenticare da chi ha la fortuna e l’onore di leggerlo, come Paolo Barbieri, Giornalista ANSA di Milano ed esperto della sezione politica. Ecco ciň che ci dice:
Ciao Augusto,
Ho terminato di leggere Dalla parte del fuoco di Paolo Universo. Grazie per avermi dato la possibilitŕ di conoscere questo poeta. Il poema č veramente molto bello per tanti motivi. Ci sono nella descrizione di Milano degli anni 60 assonanze con La ragazza Carla di Elio Pagliarani ma anche con lultimo poema di Giancarlo Majorino Viaggio nella presenza del tempo. Sarebbe interessante approfondire queste tematiche. Chissŕ che un giorno a Trieste o a Milano si possa discutere in modo approfondito del poema di Paolo Universo legandolo proprio a queste altre opere. Una cosa che mi č piaciuta č anche la grafica utilizzata in alcune pagine per rendere piů efficaci alcuni versi. Mi ha ricordato la poesia Bomba di Gregory Corso che Lawrence Ferlinghetti redasse a forma di bomba atomica e di fungo nucleare. Tanti saluti e buona estate anche a Marina. Paolo.

giugno 2010

PER I VOLONTARI CHE VOGLIONO SAPERE FATTI E VERITA’ E TRASTULLARSI UN PO’ MENO CON LE VARIE CORRENTI CHE SI AUTOCELEBRANO NELLA LORO RAPPRESENTANZA MIMANDO LA MESSINSCENA DELLA POLITICA CON STILI PIU’ O MENO IMPRENDITORIALISTICI.

Nelle giungle della Birmania Orientale, dal 1949 il popolo Karen sopravvive al tentativo di assimilazione violenta condotto contro di esso dal governo birmano, una brutale dittatura militare che non riconosce il diritto all’autodeterminazione delle numerose etnie che vivono nel paese.
Negli ultimi 60 anni, migliaia di villaggi sono stati dati alle fiamme, la popolazione civile č stata colpita con esecuzioni sommarie, attacchi armati e deportazioni, stupri sistematici, riduzione in schiavitů e con la devastante presenza di mine antiuomo nei campi e attorno alle abitazioni.
120.000 Karen sono ospitati in sovraffollati campi profughi in territorio tailandese, mentre quasi mezzo milione di persone vivono in condizione di “rifugiati interni” : sono uomini, donne e bambini nascosti in villaggi di fortuna nella giungla, in costante stato di allarme, costretti a fuggire all’avvicinarsi delle truppe birmane per non subirne le violenze.
Il compito di proteggere questi rifugiati inermi spetta all’Esercito di Liberazione Nazionale (KNLA), una forza armata costituita da qualche migliaio di volontari che si battono con lo scopo di ottenere l’autonomia per la regione Karen, sono in prima linea anche nella lotta produzione ed al traffico di droga. Di una intransigenza esemplare nei confronti di quella che considerano una sciagura per le societŕ che ne vengono investite, i Karen attaccano e distruggono i laboratori di produzione di eroina e di anfetamine (quasi ovvio si potrebbe semplicisticamente dire).
L’assistenza sanitaria ai profughi interni viene fornita da alcune piccole organizzazioni internazionali, che agiscono nella regione Karen.
Collaborando con il Dipartimento per la Sanitŕ e il Welfare dell’Unione Nazionale Karen, queste organizzazioni costruiscono cliniche di bambů e le riforniscono di farmaci, cercano di formare personale paramedico locale attraverso dei corsi, costruiscono dei piccoli villaggi agricoli allo scopo di dare un riparo ai profughi. Ogni anno, medici e infermieri stranieri si introducono nella regione per prestare cure a decine di migliaia di persone..

A SUO TEMPO INIZIATIVA EUROPEA INVITAVA A SPENDERE MENO PER FIERE E FIERETTE, RICORDANDO I BISOGNI DI HAITI ETC… : MAI COSA PIU’ SENSATA ED OVVIAMENTE TANTO INASCOLTATA ED IRRISA. INSISTIAMO… PER NON DIMENTICARE.

maggio 2010

Chiesa e pedofilia.. ah si? – di Augusto Debernardi
Ho avuto notizia che in un liceo cittadino si annuncia una assemblea su chiesa e pedofilia. Pare che si sia levata una sola voce a dire qualche cosa di sensato invocanti attenzione – una prof. di lettere -. Direi che vanno ricordate le parole seguenti consigliate a tutti gli studenti e familiari vari, docenti di religione: “Ci sono casi di abusi sessuali che vengono alla luce ogni giorno contro un gran numero di membri del clero cattolico. Purtroppo non si puň piů parlare di casi individuali, ma di una crisi morale collettiva che forse la storia culturale dell’umanitŕ non ha mai conosciuto in una dimensione cosě spaventosa e sconcertante. Numerosi sacerdoti e religiosi sono rei confessi. Non c’č dubbio che le migliaia di casi venuti a conoscenza della giustizia rappresentino solo una piccola frazione dell’ammontare autentico, dal momento che molti molestatori sono stati coperti e nascosti dalla gerarchia” (Joseph Goebbels, Ministro della propaganda del Terzo Reich, Discorso del 28 maggio 1937). Pare allora chiara una cosa: non basta affatto pensare che salvati i fanciulli e le fanciulle dalla chiesa tutto il resto č O.K. Meglio ricordare per bene le parole del poeta la violenza cč e cč stata perché č mancata la tenerezza. E sotto un altro aspetto va ancor piů ricordato ed insegnato che occorre riformare il rapporto esistente fra gli adulti che guidano i giovani e gli allievi ed impedire che si abusi, per qualsiasi motivo, della propria autoritŕ. E ciň vale anche in tutti gli altri campi.
4 maggio 2010

febbraio 2010

Attenzione alla seduzione mediatica
Nei primi giorni del mese si č evidenziato a livello della stampa regionale il problema della partecipazione alle varie fiere piů o meno locali.
Leggi la riflessione di Augusto Debernardi in merito, corredata della rassegna stampa.

Cosa direbbe Franco Basaglia, oggi, della psichiatria ed ovviamente dei suoi addetti? Un’ipotetica risposta come contributo alla domanda che, sempre ipoteticamente, fa il prof. Rovatti a Franco Basaglia. Di Augusto Debernardi.
Leggi.

Questo articolo apparso sul Messaggero Veneto ci č stato mandato dallamico Andino, uno dei pochissimi consiglieri del CSV che si č opposto come ha potuto a certe spese e per il tanto fu pure eliminato dalla carica di Vice Presidente del CSV del FVG. Forse ciň che č apparso sul quotidiano friulano segue, probabilmente, lintervento fatto da Augusto Debernardi al Centro Balducci di Zugliano (UD) in occasione del 1° FESTIVAL PACE/POESIA. E un pezzo che aggiunge riflessioni inattese e chiama in causa molte attenzioni che sembrano essere state distratte. E forse il volontariato non puň essere disattento troppo a lungo.
Leggi l’articolo.

gennaio 2010

L’associazione Iniziativa Europea presenta il testo della conferenza del poeta argentino Hugo Beccacece insignito a Trieste del premio “Scritture di Frontiera”, premio Umberto Saba, a cura dell’Associazione Altamarea con la direzione Rina Rusconi e la collaborazione del PEN Club Trieste.

In edicola

Sul n. 143 del gennaio 2010 della Rivista ArteCulturaTrieste, Hammerle Editori in Trieste www.artecultura.it – segnaliamo due articoli di due esponenti di Iniziativa Europea. Il primo a pag. 14 esce dalla penna di Lucio Gregoretti ed ha per titolo Luci e ombre a Kiev. E un bellaffresco della cittŕ ucraina che prende in considerazione la storia e i contrasti della societŕ del danaro facile e i valori ancestrali. Il secondo a pag. 26, pur con qualche refuso, č di Augusto Debernardi e si interroga in prossimitŕ del convegno internazionale Cosa č la Salute Mentale? che si terrŕ a Trieste dal 9 al 13 febbraio 2010 sullomologazione delle idee e sul conglobamento delle prassi. Un testo che proponiamo nella edizione integrale e col titolo originale. Un testo che significa anche un omaggio ad un giovane ricercatore, il dott. Alessio Nesi.
Leggi l’articolo di Augusto Debernardi

dicembre 2009

CONFCONSUMATORI TRIESTE – ASSOCIAZIONE INIZIATIVA EUROPEA (comunicato stampa)
Allinizio dellestate abbiamo tenuto presso la sede del CSV (CENTRO SERVIZI VOLONTARIATO) di Trieste un importante convegno sul tema del Budget di cura personalizzato e autogestito. Abbiamo posto davvero sul tavolo le soluzioni per uneffettiva centralitŕ del cittadino, responsabilizzandolo a livello della programmazione e del rendiconto. Ma con ampia libertŕ di spendere i soldi dati direttamente a lui. E il 12 dicembre ne abbiamo anche parlato a Catania in occasione di un convegno sulle famiglie sempre organizzato dal CSV Etneo. La Confconsumatori di Trieste, unitamente alla mission sociale di Iniziativa Europea, ha sempre insistito sulla illegittimitŕ amministrativa che costringe i parenti a pagare le rette per i propri cari non autosufficienti.
Segnaliamo che la Regione Veneto il 26 novembre scorso ha definitivamente approvato il FONDO PER LE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI. Esso potrŕ erogare indennitŕ medie mensili (o l’equivalente in prestazioni) pari a 1.350,00 euro per i non autosufficienti assistiti a domicilio e di 2.700,00 euro per quelli accolti in strutture protette. Le persone assistite potranno beneficiare del fondo scegliendo liberamente se ricevere prestazioni sociosanitarie e socioassistenziali oppure buoni o assegni di cura, da spendere per pagare servizi domiciliari, centri diurni o strutture residenziali. E possiamo anche ricordare che a questo fondo potrŕ accedere il 2% della popolazione del Veneto, ovvero i possibili non-autosufficienti pari a ca 90mila persone.
>>Come abbiamo sempre detto e indicato: si puň davvero fare per aiutare le famiglie e i diretti interessati senza trasformarli in minus a priori.
Buon Natale a tutti

Avv. Augusto Truzzi, presidente Confconsumatori
Dott. Augusto Debernardi, presidente Iniziativa Europea

Principi darchitettura per unEuroregione al servizio dei popoli (nota inviata alla stampa)
Lassociazione Iniziativa Europea si č data in questi anni parecchio da fare per stimolare dal basso lEuroregione. Ha promosso, attraverso larte e la poesia, i dialoghi dei poeti delleuroregione e instancabilmente ha tessuto rapporti anche con Alpe Adria fino a presenziare agli incontri di Linz.
Ed eccoci: Galan, Dorfler e Tondo, cioč Veneto-Karinzia-Friuli Venezia Giulia finalmente allintesa con sullo sfondo la Slovenia, che non ha ancora le regioni, e la Croazia che č nellanticamera europea. Siamo vicini e Trieste diventa sede di riferimento (para-capitale). Ma si č fatto anche tesoro delle sonore sberle che lEuropa unita ha ricevuto dalla bocciatura della costituzione e del ripiegamento sul trattato. Abbiamo visto cioč linsofferenza delle nazioni non solo dei popoli comunemente intesi quando cedono pezzi di sovranitŕ senza ritorni coerenti ed abbiamo assistito ad una dilatazione dei poteri di neo burocrazie. Quando ciň accade č molto meglio ripiegare su unalleanza funzionale, architettura che si adatterebbe assai bene anche alla neo euroregione. Ciň significa: integrazione per alcune materie (anche attivando nuove istituzioni capaci di elidere le vecchie) come sicurezza, educazione, formazione,assistenza sanitaria di area vasta (finalmente tale), la cultura di distretto euroregionale (guai se provinciale), standard industriali e ambientali. Per altri settori dove le sovranitŕ convergono ma non sono cedute conviene lasciare molta flessibilitŕ. Perň il presidente del gruppo territoriale di cooperazione dovrŕ avere potere di scrivere lagenda ed il consiglio diventare lorgano decisionale del fare. Se riusciamo a non essere distratti alcune chance sono dietro langolo.

Lascia un commento